Ospitiamo con piacere il racconto di Laura Mango su un gomitolo arancione magico e un giovane magliuomo.
Il gomitolo
C’erano delle volte in cui Israele pensava che sarebbe stato più bello essere femmina.
A un undici anni aveva ancora una percezione un po’ confusa della cosa, ma ogni volta che vedeva le sue cinque sorelle belle, bionde ed eteree cucire tutte insieme, avvolte nei loro stupendi abiti bianchi, nel giardino della loro casa, avrebbe voluto essere bello, biondo ed etereo anche lui. E invece era scuro, pieno di lentiggini e maschio.
Eppure a Israele piaceva davvero moltissimo cucire, ricamare e fare a maglia, così ogni pomeriggio si sedeva anche lui con le sue sorelle a ricamare tovaglie e centrini di pizzo.
Ai genitori di Israele non importava molto la passione del figlio, ne erano, anzi, felici, poiché possedevano una delle più belle sartorie della città e vedevano un tale interesse nel loro erede maschio come un buon segno.
Ma Israele andava anche a scuola e sapeva di non dover dire a nessuno della sua passione perché altrimenti gli altri lo avrebbero preso in giro. Nessun maschio ricamava o cuciva, per qualche motivo era una cosa che non andava bene.
Un giorno sventurato però, dimenticò nello zaino di scuola un gomitolo di lana nel quale se ne stava infilato di traverso un uncinetto azzurro acceso.
Proprio quel giorno aveva piovuto molto e la strada era ingombra di pozzanghere fangose e sporche.
Le stava evitando accuratamente una a una, quando un piede corpulento affondò talmente tanto nella pozza davanti a lui che il fango schizzò fino al viso di Israele, sporcandolo.
Israele non disse nulla.
Non solo perché non voleva, ma anche perché il piede in questione era del ragazzino più grosso e forte della sua scuola: Brian Belotti.
Perciò Israele fece finta di non averlo visto e tentò di tirare dritto, calcandosi forte sotto il braccio la cartella col gomitolo nuovo.
Era un gomitolo, quello, di un arancione acceso, molto bello, e con l’uncinetto azzurro, faceva parte di un regalo di compleanno che sua nonna gli aveva spedito pochi giorni prima. Non avrebbero mai dovuto finire nella sua cartella, ma il giorno prima era andato a studiare da una zia e li aveva portati con sé, orgoglioso, per mostrarglieli, dimenticando poi di toglierli.
Israele comunque sapeva che Brian era cattivo e che avrebbe voluto la sua cartella perciò accelerò il passo, ansioso di portare il gomitolo al sicuro. Brian lo prese violentemente alle spalle facendolo sbattere per terra. La cartella gli scivolò dalle mani cadendo qualche metro distante da lui. Il gomitolo arancione con l’uncinetto azzurro rotolarono pericolosamente fuori.
Israele tentò allora di alzarsi per riprenderlo, ma Brian lo precedette, prese tra le mani la palletta arancione un po’ sporca e la lanciò brevemente in aria.
“Adesso ricami anche a scuola signorina?”, lo canzonò continuando a lanciarlo.
“Ridammi il mio gomitolo”, mormorò Israele alzandosi.
“Prendilo!”, ghignò Brian ridendo. Quindi, iniziò a lanciare il gomitolo tra la sua mano ed il muro di fronte, sempre più veloce finché le lentiggini di Israele non divennero rosse per la rabbia.
L’arancione era ormai scomparso sotto le croste di fango e intonaco sporco.
Le lacrime bruciarono negli occhi di Israele, che fece un ultimo tentativo di prendere il gomitolo saltando oltre ogni sua possibilità, prima di rovinare sconfitto in una pozzanghera.
Brian allora rise di gusto e corse per andare a raccogliere il gomitolo finito in un angolo per aver brevemente urtato il polso di Israele.
Israele lo fissava attonito e furioso, e fissò a lungo anche la sua ombra contro il muro.
Era piuttosto scura e nitida così stagliata sul fondo giallastro del palazzo, gigantesca come lui. Eppure, inaspettatamente, Israele ne notò di colpo un’altra, altrettanto nitida. Era come un filo sottile che si ergeva minaccioso avvolgendosi su sé stesso, come un serpente.
L’ombra di Brian divenne immobile, come se fosse troppo spaventato per muoversi. Lo udì farfugliare qualcosa di sconnesso e gridare prima che l’ombra-serpente gli si aggrovigliasse attorno al collo.
Israele vide la figura grassoccia di Brian resistere per un po’ alla stretta per poi cadere pesantemente al suolo.
Non appena ci fu il tonfo, l’ombra-serpente si riavvolse e scomparve. Per qualche istante nel vicolo si sentì solo il rumore incerto della pioggia. Fu solo raccogliendo tutto il suo coraggio che Israele riuscì a rialzarsi e ad avvicinarsi a Brian. Lo trovò disteso a terra, con gli occhi sbarrati e il viso fermo in una smorfia di orrore. Teneva le mani strette saldamente attorno al suo stesso collo ormai livido.
Israele si chinò per controllare se per caso fosse rimasto incastrato tra le dita un pezzo di filo, ma la morsa di Brian sul collo era talmente forte che non gli riuscì di smuoverlo.
Tentò per qualche altro secondo finché non vide, poco lontano da lui, il gomitolo arancione con l’uncinetto azzurro.
Era immacolato e avvolto precisamnte su sé stesso.
Aleggiava attorno a lui una perfezione innaturale.
Israele guardò Brian e poi il gomitolo, quindi si alzò, lo raccolse, lo infilò nella cartella e corse a casa.
Appena fu in salvo, dentro le mura rassicuranti della sua casa, si chiuse subito in camera, e lì rimase per tre giorni senza né mangiare né dormire.
La sera del terzo giorno uscì dalla stanza e andò davanti al camino dove se ne stavano riunite le sue cinque sorelle splendenti, ognuna intenta a ricamare un punto diverso.
Si voltarono contemporaneamente, stupite nel vederlo apparire.
Al collo portava orgoglioso una bella sciarpa arancione.