Ci siamo ispirate al decalogo dei 10 diritti imprescibili del lettore stilato da Daniel Pennac nel suo libro Come un romanzo per dettare i 10 diritti di chi lavora a maglia e all’uncinetto.
1. Il diritto di non lavorare a maglia o all’uncinetto.
Il primo e più importante dei diritti, quello di prendersi delle pause. Nulla ci costringe a lavorare a maglia o all’uncinetto. Dobbiamo e possiamo di tanto in tanto sospendere qualsiasi lavoro e dedicarci ad altro. Veniamo da culture ataviche in cui alle donne non era concesso riposarsi se non con le mani in movimento, ma ce le siamo lasciate alle spalle. Rivendichiamo il diritto all’ozio più totale.
2. Il diritto di lasciare i lavori in sospeso.
Capita che un lavoro non ci convinca, che compriamo un filato che ci fa gola, che in fondo non siamo certe che quel maglione valga davvero la pena. Se non abbiamo voglia di proseguire un lavoro (almeno per ora) dobbiamo poterlo parcheggiare finché vogliamo.
3. Il diritto di disfare un lavoro.
E se quel lavoro non ci convince per nulla, abbiamo il diritto di non completarlo per nulla. Di disfare tutto e rigomitolare la lana. La useremo per altro, oppure la regaleremo o scambieremo.
4. Il diritto di fare un calzino solo.
Soprattutto se quel modello l’abbiamo scelto perché pensavamo che fosse interessante e istruttivo e non pianifichiamo realmente di indossare quelle calze. Nulla ci costringe a sottostare alla temuta sindrome del secondo calzino. Se non abbiamo voglia di fare il secondo, non facciamolo. (Con le maniche la vediamo un po’ più difficile.)
5. Il diritto di lavorare con qualsiasi filato.
C’è chi lavora solo con l’acrilico, chi compra i filati a stock, chi sperimenta con le corde da bucato e gli spaghi, chi si fila la carta di giornale, chi può permettersi solo filati economici, chi è allergica. Chi siamo noi per giudicare le scelte altrui? È giusto, a volte, suggerire di provare filati diversi, facciamolo magari donando un paio di nostri gomitoli, ma alla fine se alla persona lavorare con il nylon piace, chi siamo noi per impedirglielo?
10 diritti: un decalogo per non farci dettare come lavorare ai ferri o all’uncinetto!
6. Il diritto allo snobbismo sui filati.
Sì, abbiamo diritto anche a comprare solo filati costosissimi. Magari comprarne meno, ma solo di cashmir e yak, solo se tinti a mano, solo di lana di pecorelle felici, solo da artigiani della Yacutia.
7. Il diritto di lavorare ovunque.
Non esiste un luogo deputato al lavoro a maglia e all’uncinetto. Possiamo farlo in treno, in metrò, in aereo, al parco sulla panchina, camminando (attenzione alle pozze), in bagno, a teatro… E se qualcuno ci guarda storto, guardiamolo storto pure noi.
8. Il diritto di essere lente.
Non stiamo facendo una gara. Lavorare velocemente di solito è dimostrazione di aver acquisito una tecnica rilassata ed ergonomica per il lavoro, ma sicuramente non è un obiettivo. Se ci piace gustarci ogni punto, se la maglia ha un effetto ipnotico, se abbiamo tempo solo per un paio di giri al giorno abbiamo tutto il diritto di impiegarci anche un anno per finire un berretto. Non siamo da meno di chi sforna maglioni al ritmo di uno alla settimana. Stiamo solo lavorando come piace a noi e quanto piace a noi.
9. Il diritto di contare ad alta voce.
Non interrompeteci, non interloquite. Perdiamo il conto.
10. Il diritto di tacere.
Sì, ti ricordo tua nonna. No, non è per un bambino. No, non sono tradizionalista. Sì, è uncinetto/ferri. No, siamo in tante. Sì, perdo tempo. No, non solo le signore anziane. Ce le avete già fatte tutte. Il fatto che stia lavorando a maglia o all’uncinetto in pubblico non significa che abbia voglia di parlarne con un estraneo. Soprattutto se contemporaneamente dalle mie cuffiette traspare un sentore di “London Calling” sparata a tutto volume. (Ovviamente, sono esenti figoni dallo sguardo magnetico, preferibilmente olivastri e con i capelli lunghi, almeno per quanto riguarda la scrivente.)
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