Sabato 8 ottobre Jared Flood sarà da Wool Crossing a Torino a presentare la sua nuova raccolta Woolens e ad annunciare il fatto che il negozio torinese di Federica Giudice è diventato flagship store di Brooklyn Tweed, il marchio creato da Flood. Per l’occasione di questa sua prima uscita italiana, Jared Flood ha deciso di concederci un’intervista esclusiva.
Hai iniziato la tua carriera come fotografo. Come sei passato alla maglia e alla produzione di filati? Credi che la tua esperienza di fotografo abbia in qualche maniera influenzato il tuo lavoro come designer?
Ho avuto l’hobby della fotografia fin dall’adolescenza, ma non ho mai realmente raffinato le mie abilità fino all’università. Lo stesso vale per la maglia: ricordo che è stata mia madre a insegnarmi, ma ho ripreso in mano i ferri e ho iniziato a divertirmici solo quando sono andato al college. Questo significa che i miei due hobby si sono sviluppati parallelamente: per me la fotografia è sempre stata il modo di raccontare la storia nascosta tra le maglie, che si tratti dei miei stessi lavori, che si tratti di quelli del nostro Design Team o anche che si tratti della serie Wool People. Essendo il direttore creativo, ho modo di lavorare allo sviluppo dei modelli, di conseguenza imparo tutto quanto rende quel design speciale e ho modo di incanalare attraverso l’obiettivo tutte le caratteristiche che lo rendono unico: texture, forma, dettaglio del punto e combinazione di colori. Non so se la fotografia abbia influenzato il mio lavoro come knitwear designer, ma penso che le mie competenze di design della maglia abbiano influenzato (e continuino a farlo) la mia fotografia.
Parliamo dei filati Brooklyn Tweed: da dove viene la lana per questi prodotti, dove viene filata? Come hai scelto materiali e processi?
Usiamo esclusivamente lane provenienti dagli Stati Uniti (Nevada, Montana, Wyoming). Questa è una delle caratteristiche più apprezzate dai nostri fan, da chi usa i nostri filati. Ci siamo impegnati nel sostegno della produzione laniera nazionale, anche perché crediamo che le razze allevate negli USA producano ottime lane. I nostri cardati sono lavorati da una filatura di Harrisville (New Hampshire) mentre i pettinati vengono da Springvale (Maine); nel passato abbiamo collaborato anche con un’azienda del Wyoming e ora stiamo avviando una collaborazione con una filatura del Wisconsin.
Per me è stato facile decidere di produrre un filato americano al 100%. Nel 2007, quando i mercati crollarono, i tassi di disoccupazione salirono alle stelle e molte persone in tutto il paese persero casa e fonte di reddito; il settore più colpito dalla crisi fu quello manifatturiero e, al suo interno, le aziende più in difficoltà furono proprio quelle tessili. Moltissime filature storiche degli USA furono costrette a chiudere. Fu una fase molto triste. Ero così preoccupato del fatto che la nostra tradizione di filatura e il know-how sparissero per sempre che pensai che, se avessi potuto sviluppare un filato, l’avrei voluto interamente prodotto negli USA in modo da poter cercare di aiutare alcune di quelle aziende in difficoltà. Quando si trattò di scegliere la lana con cui lavorare ho fatto una scelta che continua a convincermi: i filati Brooklyn Tweed devono essere monorazza. In altre parole, se si sceglie lana di una razza di pecore (per esempio Rambouillet o Columbia-Targhee, che è una sola razza nonostante i due nomi), allora la si deve mantenere pura, senza mescolarla con altre lane, per non perdere le specificità della fibra (micron, lunghezza della fibra, mano più morbida o più rustica).
Mi piace usare l’analogia con il vino per illustrare perché per noi di Brooklyn Tweed è importante non solo usare lana 100% degli USA, bensì lana 100% degli USA e di razze specifiche. Diciamo che vedi una bottiglia di vino italiano e l’etichetta sulla bottiglia dice solo “vino italiano”. Non è necessario essere un sommelier per fare una semplice domanda: “Che vino italiano è questo? Un Brunello, un Amarone, un Greco di Tufo, un Nero d’Avola?”. Il cliente vuole sapere da dove viene il vino che sta bevendo, da quale regione e da quali vitigni perché sono queste caratteristiche che rendono il vino speciale.
Vendendo la bottiglia come generico “vino italiano” si nega la componente essenziale dell’educare il consumatore riguardo alla produzione del vino e riguardo a cosa rende ogni vitigno e ogni vino speciale, unico. Per noi, l’aspetto educativo è di importanza cruciale. Non vogliamo solo che i nostri clienti apprezzino la differenza tra una lana Rambouillet e una Cormo o una Columbia-Targhee quando usano i nostri filati; vogliamo poter parlare loro del micronaggio della fibra e raccontare l’intera storia del filato (dove sono cresciute le pecore, dove la lana è stata trattata, tinta e filata). Queste riflessioni mi hanno aiutato a scegliere materiali e procedure: tracciabilità, impegno a favore delle produzioni nazionali, pratiche produttive sostenibili ambientalmente e tecniche di allevamento umane.
Come pensi che evolverà l’industria della maglia nel prossimo futuro?
Difficile dirlo. Non ho la sfera di cristallo ma non ho nemmeno timore che l’interesse per la maglia si disperda; semmai questo potrebbe crescere dato che sempre più persone scoprono il piacere di lavorare ai ferri, che i craft nel loro complesso donano le capacità necessarie a “produrre” cose in autonomia. Le generazioni successive alla II guerra mondiale hanno sofferto di una gigantesca “amnesia del fare”. I nostri genitori sono cresciuti negli anni del boom economico, anni nei quali la produzione industriale ha iniziato a diventare così brava e veloce da introdurre nella cultura predominante, soprattutto negli Stati Uniti (una nazione giovane rispetto all’Italia), l’idea che sia inutile investire il proprio tempo nell’imparare a cucinare, a realizzare i propri abiti o a costruire mobili, dato che cibo, indumenti e qualsiasi altro tipo di bene vengono prodotti in massa a prezzi convenienti. È stato così che siamo diventati una società consumistica. Non sono contrario in linea di principio alla produzione massificata e al miglioramento delle condizioni di vita della gente, ma credo che se ci si prende il tempo di imparare a realizzare le stesse cose che si possono acquistare si scopre il valore di questi beni: che si tratti di sfornare una pagnotta o di realizzare i propri abiti. Per cui, per rispondere alla tua domanda, credo, o dovrei dire spero, che inizieremo a riservarci più tempo per fare cose a mano e apprezzare tanto le cose che facciamo quanto il processo di farle, che è quello che amo del lavoro a maglia.
Ogni anno Brooklyn Tweed produce una collezione di modelli che coinvolge diversi designer. Puoi raccontarci un po’ di come avviene l’ideazione della collezione: come vengono selezionati il tema e l’idea generale, come vengono coinvolti i designer nel processo creativo?
Per essere precisi, produciamo 3-4 collezioni l’anno. Due con il nostro Design Team interno, una con Wool People (un gruppo di designer da tutto il mondo) e di recente abbiamo iniziato a pubblicare a stampa una collezione CAPSULE, in cui Brooklyn Tweed si focalizza su un unico designer. Ci fa piacere offrire questo spazio ai designer nel cui stile riconosciamo caratteristiche di unicità e attenzione alla moda, ci piace farlo a stampa perché un bel libro è un oggetto senza tempo, che è possibile prendere dallo scaffale e leggere anche a anni di distanza riprovando la stessa gioia della prima volta.
Per tornare alla tua domanda, ogni collezione ha un tema. Comunico il tema ai designer, quindi ci scambiamo le idee e i bozzetti, che viaggiano avanti e indietro finché non arriviamo a un concept che si inserisce convincentemente nel tema generale. A questo punto inizia il lavoro tecnico. I designer mi mandano una prima versione del modello, i nostri editor tecnici rileggono i grafici e riscrivono le istruzioni. In seguito, i nostri tester lavorano il modello per vedere se rimangono errori. Una volta che abbiamo in mano i capi finiti, facciamo lo styling e le fotografie, infine io creo il lookbook, che è una cosa divertentissima! Per quanto riguarda l’idea o il tema in quanto tale, l’ispirazione può derivare da qualsiasi cosa: un quadro, una fotografia, una canzone, un piatto o la forma di una foglia. Mi sono sorpreso così tante volte da come nasce un’idea e cosa la stimola.
In quanto designer, chi sono i tuoi eroi, le persone che ti hanno più influenzato?
La figura che ha avuto la maggiore influenza è stata Elizabeth Zimmerman, ma i colleghi di talento sono talmente numerosi che sono certo che se dovessi fare un elenco ne scorderei parecchi.
Quali sono le tue fibre e filati preferiti (a parte quelli che produci tu)?
Amo i classici! Uno dei miei filati preferiti in assoluto è la lana Shetland di Jamieson & Smith. La lana delle isole Shetland viene tradizionalmente usata per le lavorazioni Fair Isle [uno stile di jacquard, N.d.T.] e per i lavori a pizzo.
Recentemente hai scelto Wool Crossing come flagship store italiano. Come è avvenuta questa scelta?
Il negozio di Federica ci è stato consigliato da una cliente e fan italiana di Brooklyn Tweed, Maria Teresa, che è anche cliente di Federica. Data la sua passione per i filati e i modelli Brooklyn Tweed, Maria Teresa ci ha contattati per conto di Federica quando ha saputo che stavamo cercando un flagship store in Italia, chiedendoci se avremmo preso in considerazione Wool Crossing. Abbiamo parlato con Federica, che ci è parsa appassionata, competente, estremamente professionale, e che conosce benissimo cosa rende i nostri modelli e filati speciali per chi lavora a maglia; inoltre, cosa per noi molto importante, è anche molto conscia del ruolo che abbiamo come azienda nel campo dell’aguglieria. Questo ci rassicura che Federica possa essere un’ottima ambasciatrice per il brand Brooklyn Tweed e che Wool Crossing possa diventare una destinazione per tutti i fan di Brooklyn Tweed quando visitano Torino o preferiscono sostenere un negozio italiano e risparmiare sulle spese di spedizione. 🙂 Con Federica ci sentiamo davvero in mano a una persona attenta e di fiducia.
Questo significa che vedremo un numero maggiore di tuoi modelli (e dei modelli creati per Brooklyn Tweed da altri designer) tradotti in italiano?
Abbiamo speranza di poter presentare più regolarmente i nostri modelli in italiano e anche in altre lingue. Questo richiede un grosso sforzo di coordinamento, ottimi traduttori che siano anche esperti di lavoro a maglia e che sappiano come tradurre il linguaggio tecnico dei nostri modelli; infine, serve un grafico in grado di ricreare il layout del modello tradotto. Fin dall’inizio ci siamo opposti all’idea di adattare semplicemente la traduzione all’impaginato del testo originale in inglese, dato che crediamo che il nostro pubblico non di lingua inglese dovrebbero avere lo stesso tipo di esperienza visiva (fotografia, illustrazione ecc.) che ricevono i clienti di lingua inglese. Per questi motivi, quindi, l’implementazione di una strategia di traduzione solida e ben progettata ci sta portando via un po’ più tempo del normale, ma ci arriveremo e speriamo che presto i nostri amati modelli siano disponibili in molte lingue per la gioia di chi lavora a maglia in tutto il mondo.
L’appuntamento con Jared Flood è fissato per sabato 8 ottobre, dalle 15 alle 18, presso Wool Crossing, nella nuova sede di via Boccaccio 58 a Torino. L’ingresso è libero a fronte di prenotazione ottenibile iscrivendosi a questo link oppure inviando un’email.
Tutte le fotogafie di questo articolo sono state scattate da Jared Flood per Brooklyn Tweed.