Nelle forme di lavorazione a maglia tradizionale, in quelle aree in cui la tecnica di lavorazione era prevalentemente English, il ferro destro era raramente supportato sotto al braccio. La gran parte delle persone inseriva la punta posteriore del ferro destro (fino a fine XVIII secolo i “ferri dritti” non esistevano e tutto si faceva con ferri a due punte: due ferri per le lavorazioni in piano e giochi da 4 in su per quelle in tondo) in un supporto, che poteva essere semplicemente la cintura del grembiule (che le donne portavano sempre ecetto che nei giorni di festa), in una canna o knitting sheath o in un supporto in cintura, la knitting belt o maakin belt scozzese. In Carnia questo supporto aveva la forma caratteristica del gugjet, un piccolo oggetto che poteva essere in legno intagliato o in ottone e che veniva appeso alla vita.
Il gugjet era (ed è come vedremo) a forma di un cuore con una punta arcuata e allungata in cui si inseriva il ferro per sostenerlo. Questo non solo liberava il braccio destro (per usare la mano senza incombenze e senza dover depositare il lavoro era sufficiente trattenere le punte dei ferri nella mano sinistra mentre il ferro destro restava posato nel supporto), ma rendeva anche più facile lavorare a maglia mentre si camminava, meno faticoso il lavoro e quindi possibile lavorare più a lungo (non scordiamoci che spesso il lavoro a maglia era questione di sopravvivenza della famiglia!). Rendeva inoltre comodo usare una tecnica di lavorazione più veloce e produttiva come la variante Lever della lavorazione English. Supporti simili erano diffusi anche in altre aree: in Emilia, per esempio, si usava una cannuccia infilata in cintura per sostenere i ferri a due punte nella lavorazione delle calze, in altre aree si usavano altri tipi di supporto.
Il gugjet era uno dei doni tradizionalmente fatti alla fidanzata o alla sposa, assieme ai famej usato per supportare la fibra durante la filatura, ma era anche un oggetto di fine fattura artistica. Oggi, questo oggetto non è più usato o prodotto come tale ma è diventato un simbolo della Carnia, trasformato in pendenti (come quello in testa all’articolo e creato da Pellegrina Gioielli), ornamenti, ricami e perfino ravioli e biscotti (!) che in parte lo snaturano; ma per noi che siamo appassionate alla maglia interessante sarebbe reintrodurre l’uso di questi supporti che facilitano il lavoro e lo rendono più confortevole.
(Grazie a Valentina Cosciani per l’imbeccata sul gugjet.)
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