Da qualche anno è venuto di moda, tra molti designer, proporre annualmente un mKal (mistery knit-a-long).
Sapete tutti cosa sia un Kal? Un knit-a-long è una sorta di evento sociale a distanza in cui i partecipanti lavorano allo stesso modello comunicando tra loro il progresso fatto, discutendo i problemi e risolvendoli. Questo in un periodo di tempo prefissato, di solito alcune settimane, ma senza una programmazione predefinita. In un mKal si procede più o meno alla stessa maniera, ma senza sapere cosa si sta lavorando. Cioè, del mKal si sa di quale tipologia di capo si sa lavorando (uno scialle, un cappello, un sarchiapone), ma non si sa né che costruzione né che forma avrà il capo. Insomma, in un mKal non si sa cosa si sta lavorando.
Perché no?
Già questo per me è un grosso no. Se devo investire ore (molte ore!) del mio tempo per fare qualcosa esigo di sapere cosa otterrò alla fine. Ma tra tutte le decine (centinaia!) di migliaia di modelli tra cui scegliere su Ravelry, perché fare una cosa che poi non sai nemmeno se ti piacerà? Intendiamoci, capita che un mKal produca un capo bello, anche molto a volte: il cardigan del mKal di Vera Sanon del 2015 non è brutto; ma non lo metterei! Non sceglierei di lavorare questo cardigan perché non è nel mio stile, ma se partecipo a un mKal non so che stile avrà il capo che sto per lavorare.
Ma il problema degli mKal è strutturale: un mKal si regge sulla sorpresa. I partecipanti ricevono ogni settimana una nuova sezione del modello, ma questa nuova sezione non può essere troppo coerente con le precedenti, altrimenti i partecipanti indovinano come procede il lavoro. Nah! Ogni passaggio del lavoro deve essere diverso dal precedente. Così, quasi sempre i capi degli mKal hanno l’aspetto di cose male assemblate, mar trà insema, affastelate senza una logica. Perché, giochiamo a capirchi, se stiamo scrivendo un mistery possiamo aggiungere colpi di scena, ma nel modello di uno scialle?
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