L’Amazzonia brucia, la Siberia brucia, i ghiacci eterni non sono più così eterni e da più parti ci si chiede con toni isterici se sia possibile fare qualcosa.
Premesso che se non vengono fatti cambiamenti a livello politico ed economico globale, se anche tutto il pianeta si mettesse a riciclare pure i francobolli non impatterebbe di certo sulla crisi ambientale, possiamo fare il famoso qualcosa nel nostro piccolo, almeno per sciacquarci la coscienza.
Basta con l’acrilico. L’acrilico, il nylon, la microfibra, il dralon sono fibre artificiali, derivati del petrolio e sono biodegradabili quanto la plastica. Inoltre, ad ogni lavaggio vengono rilasciate nell’ambiente le microplastiche.
Preferiamo fibre naturali. Non che il consumo di queste sia del tutto esente da problemi (pensiamo al mulesing delle pecore merino o alla quantità di acqua necessaria per le piantagioni di cotone), ma almeno non resteranno sul groppone del pianeta per almeno 30 anni.
Basta con l’accumulo compulsivo di materiali. In lingua inglese esiste un acronimo SABLE: Stash Acquisition Beyond Life Expectancy, ossia acquisizione di uno stash che non ci basterà la vita a consumare. Sì, ah ah!, simpaticissime le battute sul fatto che non lavoriamo a maglia e uncinetto ma siamo collezioniste di gomitoli, che risatone! ma, alla fine della fiera, stiamo accumulando delle risorse che non saranno mai consumate.
Intacchiamo il nostro stash in modo significativo oppure facciamo delle donazioni a organizzazioni di beneficenza e poi evitiamo di acquistare compulsivamente filati.
Idem per quanto riguarda i materiali così carini come i marcapunti di plastica, gli uncinetti fatti dai bambini cinesi e così via. Non ci servono, spesso li acquistiamo perché sono colorati e costano poco oppure perché ce li hanno tutte e quindi anche io. Va bene, ma appunto poi non scriviamo post indignati sull’Amazzonia in fiamme.
Acquistiamo responsabilmente. Possiamo motivarci pensando che useremo quei soldi per fare la spesa, volendo, o per comprare qualcosa che ci serva davvero.
Quando acquistiamo qualcosa verifichiamo, nei limiti del possibile, la filiera produttiva. E non fidiamoci di dichiarazioni generiche (“amiamo la natura”, “gli animali sono trattati con tanto amore”) non supportate da dati concreti o certificazioni.
Online, possiamo evitare di postare commenti inutili, pupazzetti o sfondi colorati alle nostre domande, nonché foto enormi. Questo perché l’infrastruttura hardware che supporta tutte le attività online genera calore, per dissipare il calore ed evitare che l’hardware si danneggi, serve energia e per produrre energia si consumano risorse ambientali.
Non si tratta di vivere una vita di privazioni e grigiume, basta godere di quello che abbiamo, acquistare con criterio e fare qualcosa invece, perlappunto, di surriscaldare i server con indulgenti post dal taglio pseudoambientalista che lasciano il tempo che trovano.
Go big or go home.
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