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“Filo lungo filo”, il racconto di chi c’era

Nadia Parisi è stata a visitare la fiera “Filo lungo filo un nodo si farà” e ha voluto donarci questo racconto della sua visita. Grazie a Nadia.

La filatura della canapa

Il primo impatto con il villaggio Leumann mi ha stregata. Sono arrivata in moto e da fuori tutte queste case rossicce tutte in stile liberty mi sono piaciute un sacco.
Non ho saputo resistere e prima di vedere le mostre mi sono dirottata nella tensostruttura che ospitava gli artigiani. Profumi vari e colori mi hanno subito accolta e mi sono sentita benissimo, un po’ come un bambino nel paese dei balocchi. Non sapevo dove guardare cosa portare a casa: il patchwork all’ingresso, l’uomo che filava la canapa proprio come un tempo con il fuso a mano ed un avvolgitore a pedale e poi i prodotti orientali per la tintura delle fibre naturali, i banchetti della lavorazione del feltro in tutti i suoi dettagli dall’abito, al gioiello, alle pantofole al feltro d’arredo… Uno spettacolo di colori.
Nella sala accanto ho scoperto un’artigiana francese con matasse e gomitoli di seta riciclata sfibrata e ri-filata con dei colori così intensi e sgargianti che era impossibile non notarla e portasene a casa anche solo un gomitolino: ma poi perchè solo uno?! Accanto ancora, una signora che molto carinamente dava dimostrazione del lavoro a chiaccherino, tecnica che avevo imparato molti anni fa e che stavo quasi dimenticando; subito dopo un banco in cui ho fatto incetta di pura lana per i ferri e mohair ma, ahimè, con la moto non sono riuscita portare a casa molto: solo 2 chili e mezzo… (Mi ero portata un secondo zaino!). Però ho un marito carinissimo che ridendo mi spronava a prenderne ancora: tanto la possiamo lasciare dal nostro amico Paolo. Sono stata brava e mi sono limitata ai 2,5 kg.
Nell’ultima sala c’era un tripudio di telai con lavori di ogni genere: quasi in fondo c’era una signora che produceva tappeti con la lana bouclè morbidissimi, quasi un peccato da mettere sotto i piedi, lavabili in lavatrice e, guarda caso, mi sarebbe proprio servito un tappeto per la sala. Peccato che in moto sarebbe stato improponibile!
Il viaggio di ritorno nella tensostruttura riportava ai filati pregiati di cachemire, alpaca, per ritornare alle varie lavorazioni patchwork e agli splendidi feltri, chiudendo con l’omino che filava la canapa ed il lino.
Insomma come si vede ne sono rimasta entusiasta.
Le mostre me le sono viste tutte, partendo dai lavori più semplici dei ragazzi alle borse una più fantasiosa dell’altra. Sono entrata nell’ecomuseo in cui si trovava una gentilissima ragazza che spiegava la vita di un tempo, mostrando con orgoglio l’arredo originale. Ho respirato per tutto il pomeriggio un aria di umiltà e rispetto per la persona e per gli operai che ai giorni d’oggi non esiste più; ho conosciuto una signora che ha vissuto in quelle case che sottovoce mi ha detto: “Lo sa, io provo un po’ di nostalgia per quei tempi, ora ho tutto quello che voglio ma è troppo”.
Ecco questo è quello che mi sono portata a casa: un bellissimo ricordo e 2 chili e mezzo di filato.

Notizie sull'autore

Alice Twain

Lavoro a maglia da diversi anni, tengo corsi di livello avanzato e su tecniche peculiari, disegno modelli, sono tra le fondatrici del gruppo stitch and bitch Milano (ci trovate su Blogspot). Ho scritto il manuale minimo di maglia "Ai ferri corti", il mio blog personale è Ferricorti.

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