Curiosità Moda e Media Pattern per le feste

“Perché non lo traduci in italiano??”

foto_Anemone123_Pixabay
Post con un lieve contenuto polemico.

Spesso, nei gruppi FB di maglia e uncinetto, quando viene pubblicato un link a un modello non in italiano, diverse persone commentano “ma io lo voglio in italiano!“.

  • A volte ci sono state anche forti polemiche contro designer che, ree di avere un nome italiano, avrebbero dovuto naturalmente pubblicare il modello in italiano, anche se vivevano in altre nazioni e della lingua non conoscevano neanche una parola.
  • L’accusa di non essere abbastanza “patriottiche” o di non voler pubblicare un modello anche in italiano per snobismo, viene fatta spesso alle designer italiane.

Ora, diciamo le cose come stanno: quando esce un nuovo modello in una lingua diversa dall’italiano, questo accade perché il modello è stato commissionato da una pubblicazione non italiana (solitamente di lingua inglese) o perché la designer sa che una grande parte del mercato dei pattern parla esclusivamente, principalmente o anche inglese.

Perché queste e questi designer non traducono il modello in italiano, anche a fronte di numerose richieste sui gruppi? Perché quando poi il modello viene tradotto, le persone che lo acquistano, dopo averlo richiesto sono una, nessuna, ma mai centomila e quasi mai quelle che avevano protestato oltraggiate per averlo in italiano.

Un modello scritto in inglese va tradotto, ricontrollato (e/o testato nuovamente) e reimpaginato. Sono ore di lavoro.
Per chi chiede il modello in italiano, l’uncinetto o la maglia sono un hobby e abbiamo tutte/i i nostri hobby, ma per chi il modello lo crea, quello è un lavoro; per le designer, specie in un momento durante il quale non è possibile fare corsi, la vendita di un certo numero di modelli vuol dire poter raggiungere la fine del mese con le bollette pagate.

Le ore che impegniamo a tradurre quei modelli che non vengono comprati, potremmo usarle a crearne di nuovi da vendere a pubblicazioni inglesi o su Ravelry o Lovecrafts, o anche semplicemente a pulire casa, passare tempo con i nostri congiunti o leggere porno. Sarebbero comunque occupate in modo ricreativo o costruttivo e non buttate dalla finestra a fare un lavoro non retribuito. Per quello, c’è il volontariato (al quale molte e molti di noi si dedicano nel proprio tempo libero, appunto).

Domandare è lecito, rispondere è cortesia? Chiaramente sì. Ma domandare ore di lavoro gratuito sull’onda di un capriccio momentaneo è mancanza di rispetto.

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DelendaC

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